“Tanta arte contemporanea è frutto dell’opera di Marcel Duchamp, cambia solo l’imballaggio.“
Pablo Picasso
Squali in formaldeide, cagnoloni giganti in acciaio, montagne di caramelle, cavalli appesi al soffitto: odi tutta questa robaccia, la consideri indegna di un museo e ti chiedi come possa l’arte essere arrivata a un tale infimo livello?
Bene, sappi che è tutta colpa di Marcel Duchamp.
Papi travolti da meteoriti, orologi affiancati alla parete, palle da basket galleggianti in acqua, teschi ricoperti di diamanti: ami queste opere d’arte e non riesci a fare a meno di stupirti quando ti trovi davanti ad esse?
Bene, sappi che è tutto merito di Marcel Duchamp.
Qual è l’artista del passato che ha avuto l’influenza maggiore sui suoi colleghi di oggi?
No, non è Picasso e nemmeno Kandinsky, è proprio lui, il controverso Marcel Duchamp. L’amato e tanto odiato Marcel Duchamp, il padre assoluto dell’arte contemporanea.
D’altronde come si fa a non odiare uno che ha messo un orinatoio in un museo, un’opera che in quanto a fastidio è stata raggiunta e forse superata solo dalle scatolette di Merda d’artista di Piero Manzoni?
E come si fa a non amare uno che ha messo un orinatoio in un museo, un’opera che ha finalmente liberato gli artisti dalla tirannia del pennello e del colore e dall’oppressione della manualità? Ok, sto facendo un po’ di confusione.
Allora partiamo da un dato di fatto: oggi Marcel Duchamp è considerato dagli addetti ai lavori uno dei più grandi artisti di sempre, il suo nome è in tutti i libri di storia dell’arte e le sue opere sono conservate ed esposte nei più importanti musei del mondo. È anche vero che, nonostante ciò, sono ancora in tanti quelli che non hanno capito il suo lavoro. Persone convinte che sia tutta una truffa, uno dei tanti controsensi di questo strambo mondo dell’arte che si allontana sempre più dalle aspettative di un pubblico abituato a un classico stereotipo di “bellezza”, per accontentare i vizi di folli ed eccentrici milionari. Insomma l’orinatoio capovolto non è stato ancora digerito dai più, eppure sono già passati cento anni dalla sua creazione.
In questo articolo cercheremo di capire quale ruolo abbia avuto Marcel Duchamp nel grande gioco dell’arte contemporanea. Sarà un po’ lungo perché c’è davvero tanto da dire ma ho preferito non dividerlo in due parti come ho fatto invece in altre occasioni.
Marcel Duchamp ha più colpe o più meriti? Se sei curioso lanciati nella lettura.
Il ‘900, secolo di grandi cambiamenti
Gli artisti veramente importanti, quelli che rimangono nella storia, sono quelli che riescono a leggere meglio e prima degli altri il loro tempo. Vedono e sentono le novità e i cambiamenti in corso ed evolvono il proprio linguaggio per cercare di esprimere al meglio ciò che percepiscono e che vogliono quindi comunicare. La storia dell’arte è la storia dell’evoluzione dei suoi linguaggi, evoluzione spesso non accettata immediatamente e, anzi, molte volte aspramente contrastata.
Nell’articolo I 6 peggiori abbagli della storia dell’arte abbiamo visto alcuni dei grandi errori di valutazione che critica e pubblico hanno compiuto verso i nuovi linguaggi che avanzavano. Un’opera di Marcel Duchamp era tra quelle non da subito accettate. Ma quali sono questi cambiamenti della società che hanno influenzato il modo di fare arte? Ne elenco qui alcuni (ne ho già descritti altri nell’articolo Lucio Fontana e i tagli che hanno cambiato la storia dell’arte):
Innanzitutto fotografia e cinema tolgono agli artisti il monopolio sull’immagine. Celebre il racconto della prima proiezione del film “L’Arrivée d’un train en gare de La Ciotat” dei fratelli Lumière che, come suggerisce il titolo, non mostrava nient’altro se non l’arrivo di un treno visto frontalmente alla stazione. Sembra che al comparire della carrozza di testa gli spettatori terrorizzati si sarebbero dati alla fuga. Questo aneddoto, verosimile ma per essere precisi, mai dimostrato, è la prova di come la percezione del mondo dopo l’invenzione del cinema non sarà più la stessa.
La Rivoluzione Industriale fa enormi passi avanti e con il nuovo secolo raggiunge vette mai toccate prima. Il vecchio modo di produrre, quello che vedeva al proprio centro le piccole botteghe artigiane che manualmente creavano tutto ciò che poteva servire alla vita di un uomo del tempo, è definitivamente sorpassato da un mondo in cui le macchine la fanno da padrone, con tutti i loro pro e qualche contro.
Conseguenza di questa meccanizzazione della produzione è l’introduzione della distribuzione di prodotti inscatolati: nascono i primi grandi magazzini e i supermercati. Non si compra più il prodotto, ma si sceglie fra le sue immagini riprodotte su una scatola con il marchio dell’azienda produttrice. Il contenuto vero e proprio non è più visibile.
Come hanno influito questi cambiamenti sull’arte di Marcel Duchamp?
Un nuovo e moderno modo di fare arte
Ovviamente un vero artista non può rimanere indifferente a quello che sta succedendo intorno a lui. Marcel Duchamp sente che il mondo sta cambiando. Come altri artisti, si interessa al cinema e ai cronogrammi e si dedica alla lettura dei filosofi. Tutto questo lo porta a introdurre importanti e fondamentali novità nel mondo dell’arte.
1. Abbandono e rifiuto della pittura retinica
Il rifiuto del suo “Nudo che scende le scale” al Salon des Indépendants, l’istituzione del tempo considerata più all’avanguardia, non fa altro che alimentare e portare all’estremo la sua insoddisfazione per quella che lui chiamava pittura retinica, la pittura decorativa ed estetizzante che si basava sulla piacevolezza della visione. Era anche un rifiuto a un certo modo di fare arte trito e ritrito, che si opponeva a ogni evoluzione per aggrapparsi a desuete teorie e teoremi ed emulare modelli del passato che non avevano più nulla di interessante.
Duchamp è un rivoluzionario: mentre gli altri pittori sono pro o contro Cézanne e discutono le idee cubiste, lui guardava e vedeva ciò che c’era oltre l’atto fisico della pittura. Voleva svincolarsi dalla “dittatura dell’occhio” e rimettere la pittura al servizio della mente. È una concezione sovversiva dell’arte, della vita e del mondo che non è comunque totalmente scollegata da ciò che c’era stato prima.
Duchamp infatti non fa altro che continuare e, in un certo senso, radicalizzare quel processo di trasformazione dell’arte iniziato con Coubert, Whistler, Manet e via via con tutti i pittori che sono arrivati dopo: l’attenzione dell’artista nell’800 inizia infatti a spostarsi dal soggetto al linguaggio pittorico, dal “che cosa” al “come”. Caduto l’interesse per storia e soggetto, inizia qui quel cammino verso la pittura pura nella sua specificità di linguaggio che porterà l’arte a interrogarsi su se stessa.
Marcel Duchamp rifiuta prima di tutto di essere considerato un pittore: “In Francia c’è un vecchio detto, stupido come un pittore. Il pittore veniva considerato stupido, mentre il poeta e lo scrittore erano ritenuti molto intelligenti. Volevo essere intelligente. Dovevo avere l’idea di inventare. Non vale nulla essere un altro Cézanne. Nel mio periodo visivo c’è un po’ di quella stupidità del pittore. Tutto il mio lavoro nel periodo precedente al Nudo era pittura visiva. Poi pervenni all’idea. Considerai la formulazione derivante dall’idea come un modo per sfuggire alle influenze esterne“.
L’arte doveva prendere la direzione intellettuale, più che per l’occhio, doveva essere arte per la mente.
2. Creazione di Ready-made
È proprio allora che propone un oggetto come opera d’arte, uscendo in questo modo dagli stretti confini della pittura in cui erano stati legati tutti gli artisti venuti prima di lui.
In un mondo in cui tutto è creato dalle macchine, perché l’opera d’arte doveva ancora essere fatta a mano?
Se con il Nudo la sfida era con il cinema, ora il confronto stava tutto con le macchine.
Già nel 1912 Duchamp aveva visitato il Salon de l’Aviation di Parigi con l’amico Brancusi e davanti a un elicottero aveva apostrofato allo scultore: «La pittura è finita. Chi potrebbe far meglio di questa elica? Dì, tu lo sapresti fare?»
Duchamp rinuncia così all’abilità tecnica: “Non volevo più fare niente con le mie mani… Desideravo introdurre in pittura qualcosa di diverso rispetto al cosiddetto inconscio della mano, che poi non è affatto inconscio, ma piuttosto abilità, destrezza. Che uno dipinga male, minuziosamente come un pittore accademico o con macchie di colore come Matisse, per me è assolutamente identico: lo strumento resta sempre la mano, e io volevo liberarmi delle mie mani.”
La trasformazione di un oggetto in opera d’arte consiste semplicemente in una scelta dell’artista che seleziona un qualcosa di già fatto (ready-made) e ne decreta lo statuto di opera d’arte. È un’operazione completamente mentale.
Rivoluzionario? Certo, ma esiste comunque un legame con l’arte del passato.
Queste le parole di Henry Moore, un grande scultore del ‘900 davanti alla Pietà Rondanini di Michelangelo: “Non è la bravura, né l’eccellenza della tecnica, neppure una particolare abilità in quest’arte ciò che più conta. Quello che è importante è la qualità del pensiero che ispirò l’opera. La grandezza del pensiero scaturisce dall’opera e dilaga al di sopra di ogni bravura o perizia tecnica. Si sente da ogni capolavoro la più profonda comprensione dell’umanità. Questo è il vero metro di giudizio di ogni opera d’arte: il senso di umanità che le ha ispirate.”
L’arte è quindi sempre stata concettuale, Duchamp ha semplicemente dato maggior risalto a questo aspetto. Da questo momento in poi tanti artisti passeranno dalla rappresentazione dell’oggetto (su una tela) alla sua presentazione in uno spazio espositivo.
3. introduzione dell’umorismo in pittura
La rivoluzione che Duchamp stava introducendo nel mondo dell’arte andava in parallelo con la sua visione sovversiva della vita e del mondo.
Il rifiuto della pittura era un tentativo di evadere dalla certezza borghese, una conseguenza del suo più generale rifiuto dei luoghi comuni e del comune modo di pensare: rifiuto di seguire una vita d’artista in cerca di gloria e soldi, di ridursi al bisogno di vendere le sue tele (in poche parole di essere un pittore), di partecipare alla guerra, di sposarsi e fare famiglia, di riempire la propria vita di oggetti e beni da lui considerati inutili, come un’automobile, una casa, ecc., rifiuto di lavorare per vivere.
In pratica faceva il contrario di ciò che era comunemente ritenuto normale e giusto.
Mentre gli altri pittori teorizzavano e si lanciavano in infinite elucubrazioni sul cubismo e sulla pittura, lui partoriva il suo alter ego femminile Rrose Sélavy, dava titoli ai suoi lavori che erano intelligenti nonsense e creava opere lasciandosi guidare dal caso: “…io ero a favore del caso, dell’umorismo in pittura. Detestavo l’idea di una pittura seria. Se si può parlare di un’idea filosofica nel mio lavoro, è che non esiste nulla di così serio da essere preso sul serio.”
Per Marcel Duchamp introdurre lo humor in un campo ritenuto serio era come utilizzare un’arma antisociale: “…(lo humor) è pericoloso perché si insinua nelle cose serie, nei ragionamenti comunemente accettati su cui si fonda la conoscenza umana, per spingerli fino all’assurdo e dimostrarne la relatività.” (Pawlowski)
4. Nuovo valore allo “sguardo”
Mettendo un orinatoio in un museo, Marcel Duchamp non fa altro che invitarti a guardare un oggetto liberandoti dei pregiudizi, di tutto ciò che conosci e che hai imparato.
Ti invita a guardare un oggetto al di là della sua funzione, semplicemente come qualcosa con una forma e un colore.
In pratica ti invita a tornare bambino, quando in braccio a tua madre afferravi tutto ciò che ti era messo davanti agli occhi con curiosità e gioia, senza sapere e dare importanza a ciò che l’oggetto fosse: uno spazzolino era solo qualcosa di stretto e lungo con un colore; un libro era solo qualcosa di pesante con dei colori; un cuscino solo qualcosa di morbido e grande con dei colori.
Duchamp ti sta dicendo di guardare la vita con occhi nuovi, ti invita a tornare bambino. Questo vale per gli oggetti come per le persone, guardarle al di là delle apparenze, dei ruoli e fuori da ogni contesto.
Marcel Duchamp e il mercato dell’arte
Fino a qui ho detto solo una piccolissima parte di quello che si potrebbe dire su un artista tanto complesso e profondo come Marcel Duchamp, ma penso di essermi comunque già dilungato abbastanza.
C’è semplicemente un’ultima considerazione da fare: al contrario di quello che si potrebbe pensare, Marcel Duchamp non era affatto interessato al mercato e al successo delle sue opere, anzi era molto critico a riguardo: “L’arte è diventata un prodotto, al pari dei fagioli. Oggi si compra arte nello stesso modo in cui si comprano gli spaghetti.”
Questa situazione secondo Duchamp ha provocato un forte cambiamento nel modo di fare arte che lo ha spinto ad abbandonare la pittura: “Non voglio copiarmi come tutti gli altri… essere pittore significa copiare e moltiplicare qualche idea… Da quando si è creato un mercato della pittura, tutto è stato radicalmente cambiato nel campo dell’arte. Guardi come producono. Crede che a loro piaccia e che provino soddisfazione a dipingere cinquanta volte, cento volte la stessa cosa? Per niente, non fanno neanche quadri, fanno degli assegni.”
In Duchamp c’è tutto il disprezzo per la sovrapproduzione (quantità a discapito di qualità) di un’arte contemporanea diventata sempre più sistema. È curioso come Andy Warhol, artista di un’altra generazione, reagirà in maniera completamente opposta a questa situazione.
Marcel Duchamp, il padre dell’arte contemporanea
A questo punto non ti resta che decidere, è tutto merito o tutta colpa di Marcel Duchamp?
A volte quando visito una fiera e mi trovo davanti a mazze da baseball appoggiate a terra, bottiglie poste in una teca e altre banalità del genere, credo che avesse ragione Picasso nell’affermare che gli artisti contemporanei “svaligiano il magazzino di Duchamp limitandosi a cambiare gli imballaggi.”
Se penso però ai capolavori del Nouveau Realisme, del Minimalismo, dell’Arte Povera, della stessa Land Art e di parte dell’arte di oggi, non posso che essere grato a Duchamp per aver aperto la strada a tali espressioni e linguaggi artistici.
Sono sempre le deviazioni, il ripetuto, il già visto che non porta niente di nuovo e che non sposta il confine di ciò che è considerato arte che finisce per stancare e per farmi esclamare sorridendo “Maledetto Marcel Duchamp!”
Oggi sono cambiati i tempi e la società ha subito forti mutamenti. Forse non ha più senso emulare Marcel Duchamp o forse sì. Forse la crisi fa da trampolino per un ritorno alla manualità e alla qualità o forse no.
Sicuramente ci sono già grandi artisti che questi cambiamenti li hanno percepiti e che li stanno esprimendo con le loro opere. Forse qualche critico, curatore o collezionista li avrà già scoperti e starà cercando di promuoverne il lavoro o forse no. Il tempo e la storia, come per Duchamp, li premieranno, su questo non c’è alcun dubbio.
Tu cosa pensi dell’orinatoio capovolto? È arte o è una grandissima presa in giro? Sono curioso di conoscere la tua opinione qui nei commenti.
Nel 1915 a Pietrogrado Kazimir Malevič in occasione dell’esposizione “Ultima mostra Futurista: 0,10”, presenta “Quadrato nero su fondo bianco”: è l’inizio del linguaggio artistico che verrà chiamato “Suprematismo”.
Nel 1915 a Pietrogrado Kazimir Malevič in occasione dell’esposizione “Ultima mostra Futurista: 0,10”, presenta “Quadrato nero su fondo bianco”: è l’inizio del linguaggio artistico che verrà chiamato “Suprematismo”.
Si è risolta con un “perché il fatto non sussiste”la lunga vicenda processuale che ha visto coinvolto l’Archivio Dadamaino nella persona dell’attuale Direttore Scientifico Prof.
Oggi abbiamo interpellato un’esperta del settore, Martina Manco, titolare della galleria d’arte The Strip, specializzata nella promozione e vendita di opere di Pop e Street Art,
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