Arte e Selfie: una storia contemporanea… ma non solo

A due anni dall’approvazione del Decreto cultura che, tra le altre cose, ha dato il via libera agli scatti fotografici all’interno dei musei con qualsiasi dispositivo elettronico, arte e selfie hanno allacciato un legame molto stretto che ha la sua massima esplosione nel mondo della rete. Da un certo punto di vista però, i selfie esistono già da parecchio tempo.

Questa volta partiamo dall’epilogo: la fotografia è stata finalmente ammessa come strumento di studio e ricerca, ma soprattutto come mezzo spontaneo e immediato per divulgare il patrimonio culturale italiano.

Le menti illuminate del ministero hanno quindi compreso le potenzialità dei social e dei nuovi media come strumento di divulgazione? No.

È stato più che altro l’aver constatato l’impossibilità di effettuare efficacemente dei controlli divenuti progressivamente sempre più difficili con il diffondersi di smartphone e tablet.

Il risultato comunque non cambia. Nei nostri musei si è data ampia libertà all’uso degli smartphone, anzi, in alcuni di essi non solo sono state permesse le fotografie, ma sono addirittura incentivate.

Ci sono infatti strutture, come per esempio la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma o la GAM di Torino, che hanno adibito intere giornate alla pratica del selfie, attraverso contest online e hashtag dedicati: l’obiettivo è quello di attirare giovani e meno giovani a divertirsi con l’arte.

Selfie per divertirsi con l’arte

D’altronde i selfie sono ormai entrati nell’accezione comune e nelle abitudini di molti di noi e sono una delle peculiarità della nostra epoca, basti pensare che l’anno scorso hanno fatto più vittime loro degli squali.

Ragazzi indifferenti davanti a Per molti però, questo non sarebbe il modo migliore per spingere i giovani ad avvicinarsi ai musei, in quanto l’approccio snaturerebbe la funzione principale dell’arte stessa, quella cioè di stimolare il pensiero, a favore di una superficiale voglia di voyerismo e di mettersi in mostra.

Se i risultati sono quelli mostrati da questa foto*, è difficile dar loro torto, ma è anche vero che in mezzo ai molti giovani che frequentano i musei solo per immortalarsi davanti a un’opera, ce ne sarà pur qualcuno che, a furia di contare i “like” e i commenti al suo ultimo selfie culturale su Facebook, si accorgerà dei capolavori alle sue spalle, ne coglierà la bellezza e inizierà a porsi qualche domanda che all’arte lo avvicini davvero.

È un po’ il discorso che vale per i best seller da milioni di copie, accusati di non aver alcun valore letterario. Non si considera però che questi autori portano in libreria molte persone che altrimenti non vi avrebbero mai messo piede in vita loro e che magari un giorno, spostando i volumi alla ricerca di un Fabio Volo o di un Dan Brown, si troveranno tra le mani un libro di Dino Buzzati, di Charles Bukowski, di Giovanni Verga, di Virginia Wolf, Raymond Queneau o di tanti altri e, attratti da una copertina particolarmente colorata o da un titolo seducente, decideranno di portarselo a casa.

I selfie e il dibattito culturale sull’arte

Non c’è dubbio che avvicinare l’arte al divertimento tenda a far scivolare il dibattito artistico verso il basso. Il museo diventa in questo modo più un luogo di ritrovo che un ultimo baluardo della cultura. È pur vero che, anche in questo caso, l’arte e il suo mondo non fanno altro che rispecchiare i tempi in cui viviamo.

Tempi in cui la finanza ha vinto su tutto, perfino sul valore artistico e intellettuale di un’opera, o in cui in generale ogni dibattito pubblico sembra cadere sempre più verso livelli minimi. Si pensi ad esempio a quello politico, il cui massimo rappresentante è proprio un presidente del consiglio più attento, appunto, ai selfie che ai contenuti del suo lavoro.

Purtroppo l’arte non fa più mondo e da anni ormai ha perso la sua funzione di faro e guida della società. I giovani (e non solo) sono attratti dai campioni dello sport e dalle stelle del cinema o della musica piuttosto che dagli artisti e dai musei. Non sempre una rock star o un giovane calciatore sono però portatori di quei valori mattoni fondamentali per la costruzione di una vita piena e realizzata.

Allora forse non è poi così male tentar di avvicinare in tutti i modi possibili i giovani all’arte, basta che poi s’insegni loro anche a guardare e non solo a fotografare, a capire e non solo a condividere, a pensare e non solo a seguire le mode del momento.

Arte e selfie, forse qualcosa di già visto

Non c’è dubbio che internet e la rete hanno cambiato il mondo in cui viviamo e di conseguenza anche il modo di approcciarsi all’arte.

Andy Warhol, in tempi non sospetti, aveva profetizzato gli ormai famosi 15 minuti di notorietà per ognuno di noi. La realtà ha superato ogni sua più rosea aspettativa, anche se i 15 minuti si stanno rilevando per molti qualcosa di veramente effimero e vuoto.

Ma questo è il web e bisogna prenderlo cosi com’è, nel bene come nel male.

I musei fanno benissimo a sfruttare le sue potenzialità facendo dialogare mondo reale con mondo virtuale, presente con passato, cultura con intrattenimento.

Il Metropolitan Museum of Art di New York è ancora una volta un esempio da questo punto di vista. In occasione del #museumselfie day, campagna che incoraggia i visitatori a immortalare se stessi al fianco di importanti opere d’arte, ha creato una bacheca su Pinterest interamente dedicata alla storia dell’autoritratto: quello che oggi si chiama selfie, ieri era l’autoritratto.

E dove non arriva il museo è il web a sbizzarrirsi e a dare il meglio in quanto fantasia, creatività e ironia.

Sono diventate infatti ormai virali le immagini di famose opere d’arte i cui soggetti sono in posa davanti a uno smartphone, pronti per un selfie.

Ne ho raccolte qui sotto qualcuna per voi.

* mi è stato segnalato da un attento lettore del blog che ringrazio, che questa fotografia non descrive ragazzi distratti al cellulare bensì racconta del maggiore successo del Rijksmuseum in quanto stavano lavorando alla app del museo